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Situazione delle carceri americane

In America ci sono più di 2.250.000 persone in prigione. 726 galeotti ogni 100.000 abitanti, uno ogni 138 americani: il record mondiale d’imprigionamento.

100.00 detenuti sono in isolamento. 128.00 sono ergastolani. 100.00 i minorenni in riformatorio e 15.000 nelle prigioni per adulti. Il Michigan da solo ha 300 minorenni condannati all’ergastolo senza possibilità di rilascio anticipato.
Dei 700.000 che si trovano nelle prigioni locali 400.000 sono, più che in attesa di giudizio, in attesa d’avvocato. Aspettano, anche per anni, che qualcuno si degni di trovargli uno straccio di difensore d’ufficio.

Le persone in libertà vigilata sono 4.800.000 e a questi occorre aggiungere 5 milioni di ex detenuti che hanno perso il diritto di voto. Trent’anni fa, nelle carceri federali e statali, c’erano 200.00 detenuti, oggi sono 1.400.000: il più grande esperimento di imprigionamento di massa dai tempi di Stalin.

Metà dei detenuti sono afro-americani. Se il tasso d’incarcerazione per i bianchi è di 393 per 100.000, per i neri è 2.531. Se poi si considerano solo i maschi il tasso per i bianchi sale a 717, mentre per i neri arriva a 4.919, ma in molti Stati supera abbondantemente quota 10.000. Non stupisce quindi che in un quarto degli USA il 10% dei maschi neri adulti sia in galera. Questo si spiega perché, pur essendo il 13% dei drogati, i neri sono il 35% degli arrestati per possesso di droga, il 55% dei processati per questo reato e il 75% di quelli che stanno scontando una pena per questo delitto.

Un terzo dei ventenni di colore è in prigione o in libertà vigilata e per i giovani neri passare un certo periodo di tempo in prigione è diventato un “rito di passaggio”, come lo era per noi fare il servizio militare. Il loro tasso d’incarcerazione è di 12.603 per centomila, mentre per i loro coetanei bianchi è di 1.666.

La metà dei delitti non è denunciata, eppure ogni giorno le carceri della Contea di Los Angeles accolgono 6.000 nuovi detenuti e ogni anno le 18.000 polizie americane arrestano almeno 13.700.000 persone (ma più probabilmente sono 15 milioni). Circa 2.200.000 sono minorenni: almeno 500.000 sotto i 15 anni, 120.000 fra i 10 e i 12 e 20.000 sotto i 10. Sono stati arrestati bambini di meno di 6 anni.

Le esecuzioni sono state quasi mille e nel braccio della morte ci sono circa 3.400 persone fra cui alcuni innocenti e molti pazzi. Il Texas ha fatto un terzo delle esecuzioni, 152 sotto l’attuale presidente George Bush. 121 innocenti sono stati rilasciati e non sappiamo quanti siano stati uccisi, ma, vista la scarsa qualità dei processi americani, devono essere stati molti.

L’ex governatore dell’Illinois George Ryan ha detto che il sistema giudiziario americano non è in grado di stabilire chi è innocente, chi è colpevole e nemmeno il grado di colpevolezza. Ha ragione. La giustizia americana funziona solo perché non fa i processi, non fa gli appelli e non motiva le sentenze. Più del 90% delle condanne per crimini gravi è ottenuto grazie al patteggiamento. Lo stesso avviene per il 56% delle condanne per omicidio preterintenzionale e volontario. La gran parte dei piccoli reati sono sbrogliati in meno di un minuto da tribunali locali, in cui la presenza dell’avvocato difensore non è prevista e spesso nemmeno consentita.

I processi, quando si fanno, sono caratterizzati da una grande sommarietà e dalle scarse garanzie che sono concesse agli imputati poveri, cui sono forniti avvocati incompetenti, quando non ubriachi, drogati e addormentati. Le condanne sono spesso ottenute grazie a confessioni estorte a suon di botte, a pentiti fasulli, testimoni bugiardi e a referti di laboratori compiacenti. I Procuratori non si fanno scrupolo di mentire e di far sparire prove favorevoli alla difesa: tanto non gli succede nulla.

L’appello (nei rari casi in cui è accolto) ha templi biblici e non prevede la libertà provvisoria del condannato, così che il Parlamento del Texas ha dovuto fare una legge apposita per mettere in libertà i 13 innocenti della “strage di Tulia”. Le condizioni carcerarie sono normalmente orribili e spesso atroci, tanto che una prigione della Georgia è stata definita da un giudice federale “una nave di schiavi”. In questo immenso gulag i suicidi, le violenze e gli stupri sono innumerevoli.

E’ piuttosto raro che i giornali si interessino di pena capitale americana. La stragrande maggioranza delle uccisioni effettuate dagli Stati Uniti d’America passa sotto silenzio. Ma non fu così per Donald Gaskins: i quotidiani di tutto il mondo parlarono della sua esecuzione avvenuta in Sud Carolina il 6 settembre del 1991.

Gaskins non era uno dei tanti possibili innocenti ammazzati dalla giustizia americana. Non era un poveraccio, un minorenne, un pazzo o un nero linciato da una giuria di bianchi. Gaskins era un feroce assassino come pochi se ne sono visti nelle carceri Usa, ma era il primo bianco, dal 1944, ad essere “giustiziato” per l’uccisione di un nero. Un fatto del genere è estremamente raro negli “States”. In Texas non è mai accaduto e in Sud Carolina non accadeva dal 1880.

Anche le circostanze del suo crimine erano eccezionali. Gaskins, che stava scontando nove ergastoli consecutivi per l’uccisione di nove bianchi, fu avvicinato dal figlio della vittima di un altro carcerato, il nero Rudolph Tyner, e convinto a ucciderlo dietro compenso.

In questi anni altri 11 bianchi sono stati “giustiziati” per l’assassinio di un nero, mentre 202 sono stati i neri uccisi per l’omicidio di un bianco (un quarto condannato da giurie di soli bianchi). Su un totale di quasi 1.000 esecuzioni l’80 per cento riguarda omicidi di bianchi, anche se in America il 50 per cento delle vittime degli omicidi è nero.

Dal tempo in cui gli Stati Uniti erano delle colonie, sono una ventina, su quasi 20.000 esecuzioni legali, i bianchi “giustiziati” per l’uccisione di un nero. Il totale sale a 30 se si contano anche i 10 bianchi uccisi perché avevano distrutto la proprietà di un bianco: avevano cioè ammazzato uno schiavo.

Dott. Claudio Giusti

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