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Trovare lavoro negli Usa

Il mondo sta cambiando e nuove potenze economiche sono emerse nel corso degli ultimi anni, ma gli Stati Uniti rimangono un punto di riferimento, come luogo in cui sviluppare la propria professionalità e poter avere una carriera in cui le proprie capacità sono effettivamente sfruttate.

La chiave di ingresso rimane il visto di lavoro, che permette di lavorare legalmente sul suolo USA, e di ottenere gli stessi diritti di un cittadino americano, dall’avere l’assicurazione sanitaria ad un regolare contratto di lavoro.

Cosa non fare

L’Italia fa parte di quelle Nazioni che aderiscono al Visa Waiver Program, che quindi offrono ai propri cittadini la possibilità di soggiornare in USA per un massimo di 90 giorni consecutivi senza un visto.  In questo periodo si può fare il turista, o visitare clienti potenziali, o volendo, si possono sostenere colloqui di lavoro;  ma non si può intraprendere una attività lavorativa vera e propria.

Il sistema di immigrazione americano è molto fiscale su questo punto: se nasce anche solo il sospetto che chi sta per entrare lo sta facendo per fare attività lavorativa non regolamentata, oppure se la presenza si protrae per più di 90 giorni, la conseguenza è venire  identificati dagli USA come persona non gradita.

Di conseguenza, oltre ad essere rispediti nella nazione di origine, diventa molto complicato un eventuale rientro in USA, specie se si richiede un visto lavorativo.

Anche per questo motivo, chi si trattiene per un periodo vicino al massimo consentito di 3 mesi, viene spesso passato sotto scrutinio dagli agenti dell’immigrazione e occorre avere con sé la documentazione che provi l’esistenza del volo di ritorno oltre ad una buona spiegazione sul perché ci si vuole trattenere così a lungo.

Sponsorizzazione

Una delle strade tipiche per poter iniziare la carriera in USA è avere una specializzazione particolare, una conoscenza non comune su un certo settore, qualcosa che per le aziende americane non è facile trovare negli studenti usciti dalle Università.

Ad esempio se siete esperti in un linguaggio di programmazione usato solo in applicazioni specifiche, oppure se avete una specializzazione in un’area della chimica molto richiesta da aziende farmaceutiche.

In questo caso, fatta salva la conoscenza almeno basilare della lingua inglese, il percorso è quello di farsi sponsorizzare da una ditta privata americana per l’ottenimento del visto H1B.

La via non è delle più semplici, perché esiste una soglia di “soli” 65000 visti per ogni anno, a cui si aggiungono altri 20000 per tutti i candidati in possesso di Master.

Le “application” vengono soprattutto dalle aziende della Silicon Valley, che cercano di assorbire quanti più programmatori possibili dalle Nazioni asiatiche, in particolare dall’India.

Quindi, presupponendo di aver trovato un’azienda disponibile alla sponsorizzazione, dovete lavorare sull’application a partire da Gennaio con un immigration lawyer, per non rischiare di mancare la finestra di tempo per mandarla all’USCIS (US Citizenship and Immigration Services) all’inizio dell’Aprile di ogni anno.

Intracompany

Negli USA ci sono circa 1200 filiali americane di Aziende italiane. Se si lavora per la filiale italiana di una di queste da più di 1 anno, si apre la possibilità di un trasferimento intracompany. Il visto in questo caso e’ L1.

Bisogna tenere presente che non è sufficiente fare domanda, ma occorre creare un “business case” per il trasferimento: in sostanza bisogna dimostrare al consolato Americano che possedete qualità specifiche ed un esperienza unica all’interno della vostra azienda o settore di riferimento, tale per cui per la filiale americana, sarebbe molto costoso o addirittura impossibile trovare un cittadino americano che possa fare il medesimo lavoro con le stesse  vostre capacità.

A questo va aggiunta un’abbondante documentazione provante gli scambi commerciali tra la sede italiana e quella USA, e una lettera del proprietario o board of director della casa madre che presenta il vostro trasferimento come qualcosa di essenziale per continuare proficuamente questi scambi.

Imprenditoriale

Se si ha a disposizione capitale da investire, la via imprenditoriale si può rivelare un’alternativa valida. In questo caso si parla di visto E2, per “traders”.

Ancora più che nel caso precedente, è necessario creare una “storia” credibile, per convincere i responsabili dell’immigrazione che la vostra presenza in USA creerà valore aggiunto: tradotto, che porterete lavoro e/o denaro negli Stati Uniti.

Chi ha un’attività già avviata in Italia è avvantaggiato, perché può presentare un modello di business che già funziona e deve solo essere trasposto al mercato americano. Molto più difficile è invece il caso delle startup, dove il business plan si basa su ipotesi e non su proiezioni di dati reali.

In entrambi i casi è comunque necessario presentare una lista di investimenti per gli USA: questi devono essere già stati effettuati al momento dell’application e l’ammontare non deve essere inferiore ai 120-140 mila dollari.

L’ammontare non è certo perché non esiste un criterio scritto secondo cui si passa o non si passa: chi valuta l’application cerca di capire se è un business credibile e se il piano prevede in breve tempo l’assunzione di personale americano.

Studi

Per chi ha acquisito una laurea in Italia, c’è la possibilità di frequentare le Università Americane ed acquisire un Master in USA, attraverso il “cultural and educational exchange visa”. Per questa tipologia di ingresso occorre ottenere il visto J1 o F1.

Senza dilungarci molto sulle differenze tra i 2, ciò che è importante sapere è che il visto F1 è quello più comunemente usato per scambi culturali universitari e chi ne beneficia deve essere in grado di pagare con fondi personali gran parte delle spese di mantenimento in USA, mentre il J1 si applica in casi particolari, ad esempio per studenti titolari di borse di studio.

Chi è riuscito ad ottenere un Master in USA può beneficiare dell’OPT, l’Optional Practice Training, che è in sostanza un “periodo di grazia” di 3 anni in cui il laureato può lavorare legalmente negli Stati Uniti, a patto che lo faccia in un ruolo e settore pertinente al suo percorso di studi. In questi 3 anni parte la corsa a farsi sponsorizzare da un’azienda USA per ottenere il visto H1B che abbiamo descritto in precedenza.

Articolo redatto in collaborazione con Export America Group.