Il Boston Tea Party

Boston Tea Party

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L’approvazione della legge sul tè del 1773 era un tentativo di alleviare le difficoltà finanziare della Compagnia delle Indie orientali, permettendole di esportare il tè direttamente nelle colonie e di venderlo al dettaglio. Il tè sarebbe costato meno al consumatore, ma il provvedimento, che minacciava i commercianti delle colonie e gli ambienti del contrabbando, fece si che questi due potenti gruppi si allearono nell’ opporvisi.

La resistenza assunse forme diverse: a Charleston il tè venne sbarcato, ma la pressione popolare impedì che fosse posto in vendita; a New York e a Philadelphia venne respinto e rimandato in Inghilterra; a Boston il 16 dicembre 1773, un gruppo di volontari, camuffati da pellirosse e guidati da Sam Adams, abbordò le navi del tè e ne gettò in mare il carico. L’episodio del Boston Tea Party diede una svolta alla disputa angloamericana.

Già nel 1766 e nel 1770 le proteste delle colonie avevano portato a un capovolgimento della politica britannica. Ora però, posto di fronte per la terza volta alla sfida delle colonie, il governo di Londra abbandonò l’atteggiamento conciliante per dare una prova di forza, avendo maturato la convinzione di dover fronteggiare una sfida fondamentale al sistema imperiale commerciale e costituzionale, una sfida che non si poteva ignorare senza mettere in pericolo la prosperità e la sicurezza nazionale.

Se si fosse perduto il controllo sull’America, la Gran Bretagna, privata di ogni importanza, sarebbe sprofondata nell’oscurità. Il parlamento britannico approvò una serie di leggi repressive che le colonie soprannominarono “intolerable Acts” (leggi intollerabili). Queste leggi repressive, lungi dall’isolare il Massachusetts, ebbero invece l’effetto di unire le colonie in sua difesa.

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