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Dichiarazione di Indipendenza Americana: testo, analisi e riassunto

La Dichiarazione d’Indipendenza ha avuto un ruolo cruciale nella storia degli Stati Uniti; questo documento, approvato dal Congresso Continentale il 4 luglio 1776 presso la Pennsylvania State House, annunciò la separazione di 13 colonie nordamericane dall’Inghilterra.

All’interno del documento venivano inoltre dettagliati i motivi per cui il 2 luglio, con 12 voti a favore su 13 (si astennero i rappresentanti dello stato di New York), veniva scritto nero su bianco che “queste Colonie Unite sono, e di diritto devono essere Stati Liberi e Indipendenti”.

Si ricorda, nel caso il lettore fosse confuso che il giorno effettivo in cui i tredici stati neonati votarono la separazione dalla madrepatria fu in effetti il 2 luglio, anche se è il 4 (giorno in cui fu adottata la Dichiarazione d’Indipendenza) che è stato scelto negli Stati Uniti come giorno di grande festa nazionale: quella che anche oggi conosciamo come Festa del quattro luglio, o Giorno dell’Indipendenza.

Di seguito i dettagli sulla storia che ha portato all’approvazione del documento e una panoramica sulle sue caratteristiche stilistiche, retoriche e sui suoi contenuti.

Gli antefatti della dichiarazione di indipendenza americana

Le tensioni fra le colonie e la Gran Bretagna hanno una storia molto antica. Queste diventarono particolarmente aspre dopo la fine della Guerra Franco-Indiana, combattuta e vinta dalla Gran Bretagna, appunto, contro la Francia (1754-1763). Il governo inglese, per ripagare i debiti contratti per finanziare le azioni militari, aveva deciso di inasprire la sua politica fiscale nei confronti delle colonie americane e di assicurare alla Compagnia delle Indie, la più grande società commerciale inglese del tempo, un monopolio di fatto sul commercio di numerosi beni nell’America britannica.

I coloni, che prima del XVIII secolo avevano goduto di una discreta indipendenza economica, non reagirono positivamente alle nuove pretese degli Inglesi, e questo provocò la nascita delle prime cellule politiche indipendentiste (fra cui i Sons of Liberty) e di un ingente giro d’affari legato al contrabbando (si ricorda, a riguardo, il contrabbando fruttuosissimo di tè olandese). Le leggi vessatorie emanate nel corso del secolo da parte dell’Inghilterra nei confronti dei coloni sono numerose. Fra le più disprezzate troviamo lo Stamp Act del 1765, i Townshend Acts del 1767 e il Tea Act del 1773.

Quest’ultimo provvedimento generò ferme proteste nei quattro porti americani di attracco scelti per il commercio del tè dalla compagnia delle indie: Charleston, New York, Philadelphia e Boston. Fu proprio a Boston, dove il governatore era deciso a far applicare la legge a tutti i costi, che un gruppo di rivoltosi facenti parte dei Sons of Liberty e guidati dal padre fondatore Samuel Adams, mise in atto la protesta passata alla storia come Boston Tea Party. Il 16 dicembre del 1773, svariate decine di persone, in parte travestite da indiani, si introdussero nelle tre navi della Compagnia cariche di tè attraccate nella compagnia delle Indie e distrussero 342 casse di tè gettandole in acqua.

La reazione dura del governo inglese alle proteste dei coloni, attraverso le leggi conosciute come Intolerable Acts (1774) invece che isolare i rivoltosi di Boston rafforzò ancora di più il fronte antibritannico. Nel 1774 le colonie si riunirono nel First Continental Congress per rispondere agli inglesi per le rime: scrissero un documento che listava le loro rimostranze nei confronti della madrepatria e si impegnarono affinché ogni colonia si dotasse di un esercito militare.

Quando nel 1775 gli inglesi cercarono di appropriarsi di materiale bellico di proprietà coloniale, le milizie coloniali di Lexington and Concord li attaccarono dando inizio alla Guerra D’Indipendenza. I tredici eserciti americani si unirono poi in un solo esercito guidato da George Washington, esercito che rappresenterà il braccio armato delle colonie per la durata della guerra.

Nello stesso anno si tenne il Secondo Congresso Internazionale presso la Pennsylvania State House: molti coloni ancora speravano in una riconciliazione, e nel favore di Re Giorgio, ma questi firmò una Dichiarazione di Ribellione e fece sapere di voler reprimere nel sangue la rivoluzione.

A quel punto, all’interno del congressi iniziò una delicata contrattazione politica fra chi vedeva nella Dichiarazione di Indipendenza un gesto prematuro e chi voleva affrettarsi anticipando l’organizzazione dell’esercito inglese. Grazie agli sforzi di padri fondatori come John Adams e Thomas Paine la fazione pro-indipendenza riuscì a far approvare i primi passi per la realizzazione del documento all’inizio dell’estate, mentre uno dopo l’altro gli elettori dei rappresentanti del Congresso precedentemente scettici accordavano loro il potere di votare a favore della Dichiarazione.

L’11 giugno 1776, il Congresso nominò il Comitato dei Cinque per redigere il testo, composto da John Adams, Benjamin Franklin, Thomas Jefferson, Robert R. Livingston e Roger Sherman. Sarà Jefferson, su proposta di Adams, ad approntare la prima bozza, che, dopo numerosi rimaneggiamenti da parte dei Cinque e del Congresso, verrà infine adottata il 4 luglio.

Dichiarazione di indipendenza americana principi, analisi, caratteristiche e riassunto

La Dichiarazione di Indipendenza americana è considerata una delle dichiarazioni politiche più rappresentative dell’Occidente moderno. La fonte di diritto principale che fece da modello per la redazione della Dichiarazione fu il Bill of Rights inglese (1689), che i padri fondatori consideravano un modello in quanto svolgeva efficacemente la funzione di regolare le illegittimità del potere regio.

Fra i principi del Bill of Right adottati anche dalla Dichiarazione ci sono la difesa dell’indipendenza dei membri del parlamento e l’illegittimità di una tassazione imposta senza il consenso dello stesso, la liberà di professione religiosa e la libertà economica.

Gli studiosi hanno dibattuto e dibattono ancora su quali siano gli altri testi che hanno influenzato la Dichiarazione, e tale diatriba è ancora lontana da un accordo. Alcuni ne mostrano i debiti con gli scritti del filosofo inglese John Locke, altri agli autori dell’Illuminismo scozzese, altri ancora con il The Law of Nations di Vattel, il trattato di politica internazionale più influente dell’epoca.

Il testo del documento può essere suddiviso in cinque parti: l’introduzione, il preambolo, l’atto d’accusa di Giorgio III, la condanna del popolo britannico e la conclusione. Si propone una lista di punti con i suoi contenuti fondamentali per come si presentano:

  • Introduzione: In questa parte di testo si qualifica il documento come una spiegazione dei motivi per cui le colonie decidono di separarsi.
  • Verità autoevidenti: qui si afferma che certe verità, come l’uguaglianza fra le persone e i loro diritti alla vita, libertà e ricerca della felicità, sono evidenti e chiari per chiunque.
  • Governo per Consenso: Si afferma poi che i poteri dei governi sono legittimi fintanto che godono del consenso dei governati, sottolineando di conseguenza l’importanza della sovranità del popolo.
  • Diritto di modificare o abolire: si afferma il diritto da parte del popolo di intervenire anche fortemente nel caso un governo fallisca nel garantire ai suoi cittadini i loro diritti inalienabili, oppure diventi esso stesso un pericolo.
  • Uguaglianza: si afferma che gli individui sono stati creati uguali, con pari diritti e opportunità.
  • Scopo del Governo: si riconosce che il fine principale del governo è quello di garantire e proteggere i diritti intrinseci dei governati.
  • Elenco di Lamentele: viene enumerato un elenco di specifiche lamentele contro Re Giorgio III, illustrando come i comportamenti dello stesso, calpestando i diritti inalienabili dei coloni, giustifichi per sé stesso la ricerca di indipendenza.
  • Dichiarazione di Indipendenza: si dichiara formalmente che le 13colonie americane sono, per diritto, libere e indipendenti da qualsiasi ingerenza statale esterna.

La Dichiarazione, in linea con la cultura giuridica del suo tempo, cerca di porsi come una decisione derivante da un’osservazione il più possibile oggettiva di stati di fatto. Infatti, la separazione dalla madrepatria viene posta come una necessità dettata dalle circostanze. La struttura retorica del testo è quindi indicata dagli studiosi come un esempio dello stile illuminista inglese, del suo carattere severo e consequenziale, della sua tendenza a condensare nel minore spazio possibile un discorso condivisibile e coerente, nonché esaustivo in tutte le sue parti.

Il 4 luglio in America: la festa dell’indipendenza USA

Non molti sanno che la storia dei festeggiamenti per la Dichiarazione d’Indipendenza fu prevista già dal firmatario John Adams, uno dei membri del Comitato dei Cinque che redasse la prima versione della Dichiarazione. In una lettera del 3 Luglio alla moglie Abigail, Adams scrive quanto segue:

Sono portato a credere che (Il Giorno dell’Indipendenza, NDR) sarà celebrato dalle generazioni future come una grande festa di commemorazione. Questo evento dovrebbe essere celebrato come giorno della liberazione, con solenni atti di devozione a Dio Onnipotente. E festeggiato con pompe e parate, spettacoli, giochi, sport, spari, suoni di campane, falò ed illuminazioni: da un’estremità di questo continente all’altra, oggi e per sempre.

Anche se Adams si riferiva al 2 luglio, giorno della Risoluzione di Indipendenza, si può dire che la sua previsione si sia avverata con l’istituzione della Festa del 4 luglio. Questa fu festeggiata già dal 1777, con colpi di pistola, preghiere, cene, musica, decorazioni. Curiosamente, per l’occasione durante il periodo rivoluzionario si inscenavano anche dei funerali satirici per il sovrano inglese Giorgio III: una specie di rituale di buon augurio per le sorti della guerra.

Funerali a parte, le modalità di festeggiamento non sono poi così distanti da quella che utilizzano gli americani contemporanei. Generalmente, oggi i cittadini sfruttano il 4 luglio per riunirsi in famiglia e organizzare pic-nic o barbecue, le città prevedono parate, feste pubbliche e fuochi d’artificio (sono famosi ad esempio quelli di New York City), a cui i politici locali e federali non mancano di presenziare.

Nel corso del XIX secolo, il Giorno dell’Indipendenza è diventata un’occasione di appropriazione politica da parte dei due maggiori partiti politici americani, che allora si stavano affermando. Le celebrazioni ottocentesche erano particolarmente sontuose, serie e solenni. Nel corso del XX secolo la politicizzazione e i tentativi di appropriazione e polemica hanno riguardato numerosi gruppi politici sottorappresentati, mentre oggi l’occasione ha perso gran parte della sua carica politica esplicita. Rimane comunque un’occasione di celebrare la coesione nazionale e lo spirito nord-americano.

Il tema centrale della festa è, ovviamente, il patriottismo. Edifici, oggetti e vestiario seguono, per l’occasione, la tipica colorazione rosso-bianco-blu, che rimanda alla bandiera americana. Di solito, fuochi d’artificio e parate si accompagnano a musiche che rimandano all’orgoglio nazionale, fra cui ovviamente l’Inno Nazionale Americano, e alcune musiche del periodo rivoluzionario, come “Yankee Doodle” o “God Bless the U.S.A.”

Essendo l’Independence Day una festa federale, gli uffici postali, le corti e in generale i servizi non essenziali sono chiusi. Molti americani sfruttano il giorno di ferie per organizzare una piccolo viaggio, e infatti la prima settimana di luglio è una di quelle più ricche di spostamenti negli Stati Uniti.

Infine, in questo giorno, un omaggio sotto forma di un colpo di cannone per ogni stato degli Stati Uniti, chiamato “Saluto all’Unione“. I cinquanta spari si fanno a mezzogiorno in qualsiasi base militare idonea al compito.

Testo originale della dichiarazione di Indipendenza

Dichiarazione-di-indipendenza-testo

DECLARATION OF INDIPENDENCE: JULY 4, 1776

When in the course of human events, it becomes necessary for one people to dissolve the political bands which have connected them with another, and to assume among the powers of the earth, the separate and equal station to which the laws of nature and of nature’s God entitle them, a decent respect to the opinions of mankind requires that they should declare the causes which impel them to the separation.

We hold these truths to be self-evident:

That all men are created equal; that they are endowed by their Creator with certain unalienable rights; that among these are life, liberty, and the pursuit of happiness; that, to secure these rights, governments are instituted among men, deriving their just powers from the consent of the governed; that whenever any form of government becomes destructive of these ends, it is the right of the people to alter or to abolish it, and to institute new government, laying its foundation on such principles, and organizing its powers in such form, as to them shall seem most likely to effect their safety and happiness. Prudence, indeed, will dictate that governments long established should not be changed for light and transient causes; and accordingly all experience hath shown that mankind are more disposed to suffer, while evils are sufferable than to right themselves by abolishing the forms to which they are accustomed. But when a long train of abuses and usurpations, pursuing invariably the same object, evinces a design to reduce them under absolute despotism, it is their right, it is their duty, to throw off such government, and to provide new guards for their future security. Such has been the patient sufferance of these colonies; and such is now the necessity which constrains them to alter their former systems of government. The history of the present King of Great Britain is a history of repeated injuries and usurpations, all having in direct object the establishment of an absolute tyranny over these states. To prove this, let facts be submitted to a candid world.

He has refused his assent to laws, the most wholesome and necessary for the public good.

He has forbidden his governors to pass laws of immediate and pressing importance, unless suspended in their operation till his assent should be obtained; and, when so suspended, he has utterly neglected to attend to them.

He has refused to pass other laws for the accommodation of large districts of people, unless those people would relinquish the right of representation in the legislature, a right inestimable to them, and formidable to tyrants only.

He has called together legislative bodies at places unusual uncomfortable, and distant from the depository of their public records, for the sole purpose of fatiguing them into compliance with his measures.

He has dissolved representative houses repeatedly, for opposing, with manly firmness, his invasions on the rights of the people.

He has refused for a long time, after such dissolutions, to cause others to be elected; whereby the legislative powers, incapable of annihilation, have returned to the people at large for their exercise; the state remaining, in the mean time, exposed to all the dangers of invasions from without and convulsions within.

He has endeavored to prevent the population of these states; for that purpose obstructing the laws for naturalization of foreigners; refusing to pass others to encourage their migration hither, and raising the conditions of new appropriations of lands.

He has obstructed the administration of justice, by refusing his assent to laws for establishing judiciary powers.

He has made judges dependent on his will alone, for the tenure of their offices, and the amount and payment of their salaries.

He has erected a multitude of new offices, and sent hither swarms of officers to harass our people and eat out their substance.

He has kept among us, in times of peace, standing armies, without the consent of our legislatures.

He has affected to render the military independent of, and superior to, the civil power.

He has combined with others to subject us to a jurisdiction foreign to our Constitution and unacknowledged by our laws, giving his assent to their acts of pretended legislation:

For quartering large bodies of armed troops among us;

For protecting them, by a mock trial, from punishment for any murders which they should commit on the inhabitants of these states;

For cutting off our trade with all parts of the world;

For imposing taxes on us without our consent;

For depriving us, in many cases, of the benefits of trial by jury;

For transporting us beyond seas, to be tried for pretended offenses;

For abolishing the free system of English laws in a neighboring province, establishing therein an arbitrary government, and enlarging its boundaries, so as to render it at once an example and fit instrument for introducing the same absolute rule into these colonies;

For taking away our charters, abolishing our most valuable laws, and altering fundamentally the forms of our governments;

For suspending our own legislatures, and declaring themselves invested with power to legislate for us in all cases whatsoever.

He has abdicated government here, by declaring us out of his protection and waging war against us.

He has plundered our seas, ravaged our coasts, burned our towns, and destroyed the lives of our people.

He is at this time transporting large armies of foreign mercenaries to complete the works of death, desolation, and tyranny already begun with circumstances of cruelty and perfidy scarcely paralleled in the most barbarous ages, and totally unworthy the head of a civilized nation.

He has constrained our fellow-citizens, taken captive on the high seas, to bear arms against their country, to become the executioners of their friends and brethren, or to fall themselves by their hands.

He has excited domestic insurrection among us, and has endeavored to bring on the inhabitants of our frontiers the merciless Indian savages, whose known rule of warfare is an undistinguished destruction of all ages, sexes, and conditions.

In every stage of these oppressions we have petitioned for redress in the most humble terms; our repeated petitions have been answered only by repeated injury. A prince, whose character is thus marked by every act which may define a tyrant, is unfit to be the ruler of a free people.

Nor have we been wanting in our attentions to our British brethren. We have warned them, from time to time, of attempts by their legislature to extend an unwarrantable jurisdiction over us. We have reminded them of the circumstances of our emigration and settlement here. We have appealed to their native justice and magnanimity; and we have conjured them, by the ties of our common kindred, to disavow these usurpations which would inevitably interrupt our connections and correspondence. They too, have been deaf to the voice of justice and of consanguinity. We must, therefore, acquiesce in the necessity which denounces our separation, and hold them as we hold the rest of mankind, enemies in war, in peace friends.

We, therefore, the representatives of the United States of America, in General Congress assembled, appealing to the Supreme Judge of the world for the rectitude of our intentions, do, in the name and by the authority of the good people of these colonies solemnly publish and declare, That these United Colonies are, and of right ought to be, FREE AND INDEPENDENT STATES; that they are absolved from all allegiance to the British crown and that all political connection between them and the state of Great Britain is, and ought to be, totally dissolved; and that, as free and independent states, they have full power to levy war, conclude peace, contract alliances, establish commerce, and do all other acts and things which independent states may of right do. And for the support of this declaration, with a firm reliance on the protection of Divine Providence, we mutually pledge to each other our lives, our fortunes, and our sacred honor.

[Signed by] JOHN HANCOCK [President]

New Hampshire: JOSIAH BARTLETT, WM. WHIPPLE, MATTHEW THORNTON.

Massachusetts Bay: SAML. ADAMS, JOHN ADAMS, ROBT. TREAT PAINE, ELBRIDGE GERRY.

Rhode Island: STEP. HOPKINS, WILLIAM ELLERY.

Connecticut: ROGER SHERMAN, SAM’EL HUNTINGTON, WM. WILLIAMS, OLIVER WOLCOTT.

New York: WM. FLOYD, PHIL. LIVINGSTON, FRANS. LEWIS, LEWIS MORRIS.

New Jersey: RICHD. STOCKTON, JNO. WITHERSPOON, FRAS. HOPKINSON, JOHN HART, ABRA. CLARK.

Pennsylvania: ROBT. MORRIS, BENJAMIN RUSH, BENJA. FRANKLIN, JOHN MORTON, GEO. CLYMER, JAS. SMITH, GEO. TAYLOR, JAMES WILSON, GEO. ROSS.

Delaware: CAESAR RODNEY, GEO. READ, THO. M’KEAN.

Maryland: SAMUEL CHASE, WM. PACA, THOS. STONE, CHARLES CARROLL of Carrollton.

Virginia: GEORGE WYTHE, RICHARD HENRY LEE, TH. JEFFERSON, BENJA. HARRISON, THS. NELSON, JR., FRANCIS LIGHTFOOT LEE, CARTER BRAXTON.

North Carolina: WM. HOOPER, JOSEPH HEWES, JOHN PENN.

South Carolina: EDWARD RUTLEDGE, THOS. HAYWARD, JUNR., THOMAS LYNCH, JUNR., ARTHUR MIDDLETON.

Georgia: BUTTON GWINNETT, LYMAN HALL, GEO. WALTON.

Testo in italiano della dichiarazione di Indipendenza

«In Congresso, 4 luglio 1776

Quando nel corso di eventi umani, sorge la necessità che un popolo sciolga i legami politici che lo hanno stretto a un altro popolo e assuma tra le potenze della terra lo stato di potenza separata e uguale a cui le Leggi della Natura e del Dio della Natura gli danno diritto, un conveniente riguardo alle opinioni dell’umanità richiede che quel popolo dichiari le ragioni per cui è costretto alla secessione.

Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità.

Certamente, prudenza vorrà che i governi di antica data non siano cambiati per ragioni futili e peregrine; e in conseguenza l’esperienza di sempre ha dimostrato che gli uomini sono disposti a sopportare gli effetti d’un malgoverno finché siano sopportabili, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme cui sono abituati. Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volti invariabilmente a perseguire lo stesso obiettivo, rivela il disegno di ridurre gli uomini all’assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie alla loro sicurezza per l’avvenire. Tale è stata la paziente sopportazione delle Colonie e tale è ora la necessità che le costringe a mutare quello che è stato finora il loro ordinamento di governo. Quella dell’attuale re di Gran Bretagna è storia di ripetuti torti e usurpazioni, tutti diretti a fondare un’assoluta tirannia su questi Stati. Per dimostrarlo ecco i fatti che si sottopongono all’esame di tutti gli uomini imparziali e in buona fede.

1) Egli ha rifiutato di approvare leggi sanissime e necessarie al pubblico bene.

2) Egli ha proibito ai suoi governatori di approvare leggi di immediata e urgente importanza, se non a condizione di sospenderne l’esecuzione finché non si ottenesse l’assentimento di lui, mentre egli trascurava del tutto di prenderle in considerazione.

3) Egli ha rifiutato di approvare altre leggi per la sistemazione di vaste zone popolate, a meno che quei coloni rinunciassero al diritto di essere rappresentati nell’assemblea legislativa – diritto di inestimabile valore per essi e temibile solo da un tiranno.

4) Egli ha convocato assemblee legislative in luoghi insoliti, incomodi e lontani dalla sede dei loro archivi, al solo scopo di indurre i coloni, affaticandoli, a consentire in provvedimenti da lui proposti.

5) Egli ha ripetutamente disciolte assemblee legislative solo perché si opponevano con maschia decisione alle sue usurpazioni dei diritti del popolo.

6) Dopo lo scioglimento di quelle assemblee si è opposto all’elezione di altre: ragion per cui il Potere legislativo, che non può essere soppresso, è ritornato, per poter funzionare, al popolo nella sua collettività, – mentre lo Stato è rimasto esposto a tutti i pericoli di invasioni dall’esterno, e di agitazioni all’interno.

7) Egli ha tentato di impedire il popolamento di questi Stati, opponendosi a tal fine alle leggi di naturalizzazione di forestieri rifiutando di approvarne altre che incoraggiassero la immigrazione, e ostacolando le condizioni per nuovi acquisti di terre.

8) Egli ha fatto ostruzionismo all’amministrazione della giustizia rifiutando l’assentimento a leggi intese a rinsaldare il potere giudiziario.

9) Egli ha reso i giudici dipendenti solo dal suo arbitrio per il conseguimento e la conservazione della carica, e per l’ammontare e il pagamento degli stipendi.

10) Egli ha istituito una quantità di uffici nuovi, e mandato qui sciami di impiegati per vessare il popolo e divorarne gli averi.

11) Egli ha mantenuto tra noi, in tempo di pace, eserciti stanziali senza il consenso dell’autorità legislativa.

12) Egli ha cercato di rendere il potere militare indipendente dal potere civile, e a questo superiore.

13) Egli si è accordato con altri per assoggettarci a una giurisdizione aliena dalla nostra costituzione e non riconosciuta dalle nostre leggi, dando il suo assentimento alle loro pretese disposizioni legislative miranti:

a) acquartierare tra noi grandi corpi di truppe armate;

b) proteggerle, con processi da burla, dalle pene in cui incorressero per assassinii commessi contro gli abitanti di questi Stati;

c) interrompere il nostro commercio con tutte le parti del mondo;

d) imporci tasse senza il nostro consenso;

e) privarci in molti casi dei benefici del processo per mezzo di giuria;

f) trasportarci oltremare per esser processati per pretesi crimini;

g) abolire il libero ordinamento di leggi inglesi in una provincia attigua, istituendovi un governo arbitrario, ed estendendone i confini sì da farne nello stesso tempo un esempio e un adatto strumento per introdurre in queste Colonie lo stesso governo assoluto;

h) sopprimere le nostre carte statutarie, abolire le nostre validissime leggi, e mutare dalle fondamenta le forme dei nostri governi;

i) sospendere i nostri corpi legislativi, e proclamarsi investito del potere di legiferare per noi in ogni e qualsiasi caso.

14) Egli ha abdicato al suo governo qui, dichiarandoci privati della sua protezione e facendo guerra contro di noi.

15) Egli ha predato sui nostri mari, ha devastato le nostre coste, ha incendiato le nostre città, ha distrutto le vite del nostro popolo.

16) Egli sta trasportando, in questo stesso momento, vasti eserciti di mercenari stranieri per completare l’opera di morte, di desolazione e di tirannia già iniziata con particolari casi di crudeltà e di perfidia che non trovano eguali nelle più barbare età, e sono del tutto indegni del capo di una nazione civile.

17) Egli ha costretto i nostri concittadini fatti prigionieri in alto mare a portare le armi contro il loro paese, a diventare carnefici dei loro amici e confratelli, o a cadere uccisi per mano di questi.

18) Egli ha incitato i nostri alla rivolta civile, e ha tentato di istigare contro gli abitanti delle nostre zone di frontiera i crudeli selvaggi indiani la cui ben nota norma di guerra è la distruzione indiscriminata di tutti gli avversari, di ogni età, sesso e condizione.

A ogni momento mentre durava questa apprensione noi abbiamo chiesto, nei termini più umili, che fossero riparati i torti fattici; alle nostre ripetute petizioni non si è risposto se non con rinnovate ingiustizie. Un principe, il cui carattere si distingue così per tutte quelle azioni con cui si può definire un tiranno, non è adatto a governare un popolo libero.

E d’altra parte non abbiamo mancato di riguardo ai nostri fratelli britannici. Di tanto in tanto li abbiamo avvisati dei tentativi fatti dal loro parlamento di estendere su di noi una illegale giurisdizione. Abbiamo ricordato ad essi le circostanze della nostra emigrazione e del nostro stanziamento in queste terre. Abbiamo fatto appello al loro innato senso di giustizia e alla loro magnanimità, e li abbiamo scongiurati per i legami dei nostri comuni parenti di sconfessare queste usurpazioni che inevitabilmente avrebbero interrotto i nostri legami e i nostri rapporti.

Anch’essi sono stati sordi alla voce della giustizia, alla voce del sangue comune. Noi dobbiamo, perciò, rassegnarci alla necessità che denuncia la nostra separazione, e dobbiamo considerarli, come consideriamo gli altri uomini, nemici in guerra, amici in pace.

Noi pertanto, Rappresentanti degli Stati Uniti d’America, riuniti in Congresso generale, appellandoci al Supremo Giudice dell’Universo per la rettitudine delle nostre intenzioni, nel nome e per l’autorità del buon popolo di queste Colonie, solennemente rendiamo di pubblica ragione e dichiariamo: che queste Colonie Unite sono, e per diritto devono essere, stati liberi e indipendenti; che esse sono sciolte da ogni sudditanza alla Corona britannica, e che ogni legame politico tra esse e lo Stato di Gran Bretagna è, e deve essere, del tutto sciolto; e che, come Stati liberi e indipendenti, essi hanno pieno potere di far guerra, concludere pace, contrarre alleanze, stabilire commercio e compilare tutti gli altri atti e le cose che gli stati indipendenti possono a buon diritto fare. E in appoggio a questa dichiarazione, con salda fede nella protezione della Divina Provvidenza, reciprocamente impegniamo le nostre vite, i nostri beni e il nostro sacro onore.»

FAQ

La Dichiarazione di Indipendenza fu scritta in prevalenza da Thomas Jefferson, editata in prima battuta dagli altri membri del Comitato dei Cinque (Adams, Franklin, Livingston e Sherman) e poi modificata ulteriormente e approvata definitivamente dai membri del Congresso Continentale.

La Dichiarazione d’Indipendenza fu firmata presso la Pennsylvania State House, oggi Independence Hall (520 Chestnut St, Philadelphia, Pennsylvania).

Secondo gli studiosi, la maggior parte dei membri firmò la Dichiarazione fra il 2 e il 4 luglio 1776.

L’originale della Dichiarazione d’Indipendenza è attualmente conservato presso il National Archives Building a Washington, D.C.

Dichiarazione di Indipendenza Americana PDF

Nel caso siate interessati a leggere la dichiarazione di indipendenza americana in originale e in formato pdf vi invito a consultare questo link.

Per avere una versione commentata in inglese vi invito a consultare invece quest’altra risorsa.

Fonti consultate

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