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Iran – contras

LO SCANDALO IRAN-CONTRAS

Lo scandalo Iran-contras, era un’espressione sintetica per indicare tutte le azioni illegali connesse al finanziamento della guerra in Nicaragua, contro il governo sandinista democraticamente eletto. I finanziamenti ai contras provenivano dalla vendita di armi all’Iran.

Il presidente Reagan aveva chiesto al Congresso di aiutare i contras, ai quali si riferiva come all’«equivalente morale dei nostri padri fondatori». Il Congresso rifiutò e approvò l’emendamento Boland, che vietava gli stanziamenti di fondi volti a rovesciare il governo comunista legalmente eletto del Nicaragua.

Nel 1986 gli americani erano diventati tristemente familiari con nomi come quelli del reverendo Benjamin Weir, di padre Martin Jenco e di Terry Anderson dell’Associated Press, i quali erano fra i diciassette americani e i settantacinque occidentali sequestrati a Beirut dagli Hezbollah e tenuti prigionieri in qualche buco in Libano.

Tutti gli ostaggi furono brutalmente torturati, e qualcuno fu lasciato morire come un animate investito sulla strada. Questi rapimenti erano una ritorsione per l’invasione israeliana del Libano, che era stata supportata da aerei da guerra statunitensi e da navi della sesta flotta, e parte di una campagna della Jihad Islamica e degli Hezbollah per liberare il Libano da tutti gli americani.

In un fuorviato tentativo di liberare i rapiti e di finanziare la guerra di Reagan contro i sandinisti, il tenente colonnello Oliver North del National Security Council ideò un complesso disegno, che più tardi lui e altri tentarono di coprire. Finché non fu licenziato, nel 1986, il tenente colonnello dei marines, noto come Ollie, fu ufficiale della Casa Bianca più direttamente coinvolto nel sostegno segreto ai contras, nella vendita di armi all’Iran e nel girare i proventi di quelle vendite ai contras.

La matassa della vicenda Iran-contras cominciò a dipanarsi il 5 ottobre 1986, quando i sandinisti in Nicaragua abbatterono un aereo da trasporto carico di rifornimenti militari e con a bordo tre americani. Uno di loro, Eargene lasenfus, sopravvisse. Affermò di lavorare per un uomo della CIA di nome «Max Gomez», il nome in codice di Felix Rodriguez.

Alcune, settimane dopo il Washington Post collegò la liberazione di tre ostaggi statunitensi da parte dell’Iran con la vendita di armi a Teheran. George andò in televisione a difendere l’amministrazione. Dichiarò che uno scambio fra ostaggi e armi era inimagginabile.

Il giorno seguente il segretario di Stato Shultz chiamò Bush per ricordargli che non solo aveva partecipato alla riunione cruciale del 7 gennaio 1986, ma aveva anche il suo pieno sostegno al piano per la vendita delle armi all’Iran; quello stesso piano cui Shullz e il segretario alla difesa Caspar Weinberger si erano opposti.

Il segretario di Stato avrebbe potuto mostrare a George gli appunti che aveva preso durante quelle riunioni, a prova delle sue affermazioni (più avanti li pubblicò in un libro). Il 13 novembre 1986 Reagan annunciò alla televisione nazionale che era stato lui ad autorizzare la vendita di armi all’Iran, ma dichiarò che non c’era stato nessuno scambio con ostaggi.

Qualche giorno più tardi, il procuratore generale Ed Meese aprì un’indagine per determinare che tipo di problemi la cessione di armi a Teheran avrebbe procurato all’amministrazione. Nel giro di quattro giorni scoprì che fra i dieci e i trenta milioni di dollari erano stati distratti e girati ai contras attraverso un conto svizzero.

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