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Movimenti per i diritti civili degli afroamericani

Il razzismo è uno dei temi di maggiore discussione negli Stati Uniti. Il dibattito è ancora particolarmente attivo in quanto ogni giorno si verificano episodi di intolleranza e abuso di potere da parte delle forze di polizia americane.

Le conquiste ottenute negli ultimi decenni sono però in gran parte merito dei cosiddetti movimenti per i diritti civili degli afroamericani che, soprattutto tra gli anni Cinquanta e Sessanta, hanno lottato duramente per porre fine alle discriminazioni di tipo razziale.

Cerchiamo di capire meglio l’importanza dei movimenti per i diritti civili degli afroamericani e degli esponenti più influenti.

Segregazione razziale e movimenti per i diritti civili degli afroamericani

Fino alla Guerra di Secessione Americana gli afroamericani negli Stati Uniti erano oltre 4 milioni e per gran parte vivevano in schiavitù. Distribuiti prevalentemente nelle piantagioni di cotone e tabacco degli Stati del Sud, non potevano affrancarsi dai propri padroni e non godevano di alcun diritto.

Nonostante l’abolizione della schiavitù nel 1865 grazie al presidente Lincoln, a sud si approvano leggi locali speciali per impedire il diritto di voto agli afroamericani. Nel nord progressista, invece, la situazione è decisamente migliore ma per i successivi 60 anni ai cittadini di colore non è comunque permesso di votare o lavorare in ambito giuridico. 

La segregazione razziale è formalmente istituita nel 1896 con l’approvazione delle Leggi Jim Crow che suddividono ogni settore della vita pubblica tra bianchi e neri.

Applicate per lo più negli Stati meridionali, i cittadini avrebbero ricevuto ogni genere di servizio ma in edifici rigorosamente separati (scuole, ospedali, ristoranti, negozi, prigioni…). In realtà le strutture riservate agli afroamericani erano sempre fatiscenti e di qualità inferiore.

Con l’espressione movimenti per i diritti civili degli afroamericani si intendono tutti quei gruppi organizzati americani che, soprattutto tra il 1954 e il 1968, hanno portato avanti iniziative pacifiche ma anche violente per mettere fine a ogni tipo di discriminazione razziale.

L’obiettivo primario di questo genere di organizzazioni è dare dignità politica e sociale alle persone di colore di tutti gli Stati Uniti.

Molto più attivi a sud che non a nord, la leadership di queste organizzazioni è in mano a persone afroamericane che possono contare sul sostegno economico dei sindacati e di associazioni religiose e studentesche.

La ribellione civile è portata avanti con forme di protesta pacifica che sfociano in marce, sit-in e manifestazioni, praticando la cosiddetta non violenza o resistenza passiva.

Infatti, molti degli attivisti non reagiscono alle violenze della polizia o più semplicemente attuano forme di boicottaggio dei servizi pubblici principali. Famoso è il sit-in del 1960 a Greensboro, dove 4 studenti di colore si vedono rifiutare l’acquisto di un caffè e decidono di rimanere seduti al bancone fino alla chiusura del bar.

I movimenti per i diritti civili degli afroamericani hanno sempre potuto contare sul sostegno del presidente J.F. Kennedy, grande promotore dei diritti civili degli afroamericani nel corso della sua carriera politica.

Nel 1963 arriva finalmente al Congresso una proposta di legge in grado di porre fine alle discriminazioni razziali e alla segregazione in ogni campo della società americana. Dopo un lungo dibattito, nel 1964 viene approvato il Civil Rights Act e l’anno successivo viene esteso anche agli afroamericani il diritto di voto con il Voting Rights Act.

I protagonisti dei movimenti per i diritti civili degli afroamericani

I personaggi che hanno dato vita ai movimenti per i diritti civili degli afroamericani sono moltissimi e di tanti si è sbiadito ormai il ricordo ma ognuno di loro ha messo un piccolo mattoncino nella lotta contro il razzismo in America. 

Alcune di queste persone hanno lasciato un segno indelebile e un’eredità che difficilmente sarà dimenticata.

Martin Luther King

L’attivista per i diritti civili degli afroamericani più conosciuto è senza dubbio Martin Luther King, considerato quasi un padre fondatore per la sua azione di raccordo tra i differenti gruppi sparsi sul territorio americano.

Il suo aiuto alla causa è stato fondamentale e la sua opera instancabile si è contraddistinta per aver adottato la dottrina della non violenza. Nato ad Atlanta nel 1929, riceve una formazione prettamente cristiana, diventando pastore protestante nel 1954 a Montgomery.

La vita in Alabama è molto difficile per le persone afroamericane e ben presto King decide di sostenere i primi movimenti per i diritti civili fondando la Southern Christian Leadership Conference.

Intanto King dà il suo sostegno ai primi movimenti studenteschi e nel 1961 viene arrestato diverse volte per aver preso parte a varie manifestazioni in Georgia e Alabama. Tra il 1960 e il 1964 parte da Birmingham, Alabama, una campagna di incontri pubblici in favore dei diritti delle persone di colore che attraversa diversi Stati e città.

Uno dei momenti più importanti per l’attivista è la grande marcia del 28 agosto 1963 al Lincoln Memorial di Washington, nella quale si radunano tutti i principali movimenti per i diritti civili.

Tutta America segue l’evento in televisione e il presidente Kennedy accoglie i leader dei movimenti con grande cortesia e apprezzamento. È in quest’occasione è che King pronuncia il famoso discorso ‘I have a dream’, una delle pietre miliari della battaglia contro il razzismo. 

Nel 1964 viene insignito del Premio Nobel per la pace e nel 1965 è la volta del discorso alla celebre Marcia di Selma, una manifestazione di 3 giorni che partiva dalla cittadina di Selma per arrivare a Montgomery in Alabama.

Tra il 1967 e il 1968 appoggia la Poor People’s Campaign, una campagna a favore dei più poveri che avrebbe dovuto coinvolgere 10 città americane.

L’iniziativa lo porta a Memphis nella primavera del 1968 ed è qui che viene assassinato il 4 aprile. Intorno alle 18 di quel giorno King si trova sul balcone della sua stanza d’albergo e viene raggiunto da un colpo di fucile alla testa che risulterà fatale. Per l’omicidio viene arrestato James Earl Ray, criminale americano che passerà in carcere il resto della sua vita.

Rosa Parks

Tra le donne impegnate in difesa dei diritti civili non si può non ricordare Rosa Parks. Nata nel 1913 in una piccola cittadina dell’Alabama, è qui che cresce e lavora come sarta.

Nel 1932 sposa Raymond Parks, già impegnato nelle attività dei movimenti per i diritti civili. Nel 1943 Rosa Parks si unisce agli ideali del marito e diventa la segretaria della sede di Montgomery del NAACP (National Association for the Advancement of Colored People).

Nel 1955 Rosa Parks compie il suo gesto più clamoroso che la porterà alla ribalta nazionale per il coraggio e la determinazione nel non farsi intimidire dai segregazionisti.

In quegli anni in Alabama i posti sugli autobus erano divisi per razza: 10 sedili davanti per i bianchi, 10 sedili in fondo per i neri e altri 16 in mezzo dove potevano sedere entrambi. Se però una persona nera occupava un posto comune, doveva cedere il sedile alla persona bianca che non trovava spazio nei posti riservati ai bianchi.

Il 1 dicembre 1955 Rosa Parks viaggia in un autobus affollato e si siede nei posti riservati a bianchi e neri. Dopo 3 fermate il conducente le chiede di spostarsi per far spazio a un passeggero bianco da poco salito ma la donna con gentilezza si rifiuta.

L’autista chiama la polizia e gli agenti arrestano Rosa Parks con l’accusa di condotta impropria per aver infranto le norme cittadine che regolamentavano il trasporto pubblico. Successivamente viene processata e condannata al pagamento di una sanzione pecuniaria di 10 dollari.

La vicenda ha una risonanza importante in tutto lo Stato, provocando proteste in strada, incendi di autobus e vandalismi. La notizia giunge a Martin Luther King che il giorno seguente organizza il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery, cioè gli afroamericani non avrebbero più preso un autobus in Alabama.

La protesta va avanti per 382 giorni e il caso Rosa Parks giunge fino alla Corte Suprema che nel 1956 stabilisce l’incostituzionalità della segregazione razziale sui pullman dell’Alabama.

Rosa Parks subisce diverse minacce di morte e negli anni Sessanta si trasferisce in Michigan, dove fino al 1988 lavora come segretaria per un membro del Congresso. Riceve la Medaglia d’oro del Congresso nel 1999 e si spegne per cause naturali nel 2005.

L’autobus sul quale si è svolto il noto episodio è oggi esposto all’Henry Ford Museum di Dearborn, in Michigan.

Malcom X

Un altro leader indiscusso dei movimenti per i diritti civili degli afroamericani è stato anche Malcom X, che si è distinto per sua vita turbolenta e per un approccio meno incline alla pace rispetto a quello di Martin Luther King.

Il suo vero nome è Malcom Little ed è nato in Nebraska nel 1925. Il padre Earl muore per un incidente nel 1931 e una volta terminati gli studi Malcom X si dedica ad attività criminali come rapine, gioco d’azzardo e spaccio di droga.

Nel 1946 viene arrestato e condannato a 10 anni di galera. Due anni più tardi il fratello Reginald gli scrive per chiedergli di far parte del NOI (Nation of Islam), un’organizzazione nazionalista islamica che lotta per avere una nazione separata solo per le persone di colore.

È in questo periodo che cambia il suo nome e comincia a firmarsi Malcom X. Questo perché la X indicava il rifiuto di accettare il legame con gli uomini che avevano schiavizzato la sua famiglia nelle generazioni precedenti. Infatti, in passato agli schiavi veniva dato il cognome del padrone come marchio di proprietà.

Scarcerato per buona condotta nel 1952, intensifica la propria collaborazione con il NOI che tra i più assidui seguaci includeva il pugile Muhammad Ali.

Indagato più volte dall’FBI per le simpatie comuniste, negli anni Sessanta Malcom X assume posizioni spesso estremiste e questo contribuisce a rendere più difficili i rapporti con gli altri esponenti del movimento.

L’attivista esprime apertamente la sua contrarietà alla grande marcia di Washington del 1963 e dopo la morte di J.F. Kennedy afferma che il presidente si è visto ritorcere contro la violenza che non era riuscito a fermare.

Queste parole suscitano molto scalpore nell’opinione pubblica e lo allontanano ancora di più dall’altro grande difensore dei diritti civili, Martin Luther King. Nel 1964 il leader americano annuncia di aver concluso la sua avventura con il NOI e nel frattempo si converte all’Islam.

Dopo un viaggio in Egitto e Arabia Saudita rientra negli Stati Uniti con il nome di El-Hajj Malik El-Shabazz. Il 14 febbraio 1965 sfugge insieme alla sua famiglia a un attentato ma appena una settimana dopo viene ucciso ad Harlem nel corso di una manifestazione pubblica. Per l’assassinio vengono arrestati 3 esponenti del NOI e alle esequie partecipano più di un milione di persone.

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