Cerchi un viaggio organizzato? Chiedi un preventivo

Il sistema elettorale

L’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti è sempre un momento di grande interesse che monopolizza l’attenzione dei media di tutto il mondo. I cittadini americani sono chiamati alle urne ogni 4 anni, secondo un meccanismo elettorale che ai più sembra essere molto complicato e lontano da quello italiano.

Infatti, l’attuale sistema di voto americano è stato codificato negli anni della fondazione del Paese e da allora è mutato pochissimo. Come vedremo, si tratta di un procedimento indiretto per cui il popolo non vota in maniera diretta un candidato specifico. Questo per cercare di dare un peso maggiore e una giusta rappresentanza in Congresso anche agli Stati più piccoli.

Cerchiamo quindi di comprendere meglio la struttura politica degli Stati Uniti e come si arriva all’elezione del presidente.  

L’ordinamento politico degli Stati Uniti

Prima di approfondire l’argomento del sistema elettorale americano, è importante fare chiarezza sulle caratteristiche fondamentali dell’ordinamento politico del Paese.

Gli Stati Uniti sono una repubblica presidenziale di tipo federale e il potere è suddiviso tra Presidente, Congresso e corti giudiziarie federali. Il governo federale ha lo scopo di coordinare i diversi Stati della nazione ma i 50 Stati godono comunque di un’ampia indipendenza che consente loro di legiferare liberamente in gran parte dei settori della vita pubblica.

In genere le competenze statali sono sancite dalla Costituzione ma gli Stati tendono a emanare leggi proprie su temi differenti come porto d’armi, legalizzazione delle droghe leggere e pena di morte.

I rapporti con il governo federale sono regolati dalla Corte Suprema e ciascuno Stato federale potrà eleggere al Congresso due senatori e altri rappresentanti in proporzione alla propria popolazione.

Il Presidente degli Stati Uniti

In quanto repubblica presidenziale, il presidente americano ha poteri molto ampi ed in particolare ha nelle proprie mani il cosiddetto potere esecutivo, ovvero ha il compito di far applicare le leggi. Inoltre è il comandante in capo delle forme armate.

Per potersi candidarsi alla presidenza bisogna però essere in possesso di 3 requisiti fondamentali:

  • avere compiuto 35 anni di età;
  • essere cittadino americano sin dalla nascita;
  • avere la residenza negli Stati Uniti da almeno 14 anni.

Il mandato del presidente e del vicepresidente dura 4 anni e si può essere rieletti soltanto una volta. Dunque, al massimo si possono avere due mandati consecutivi. Nell’eventualità di morte improvvisa o dimissioni spontanee del presidente, il vicepresidente prenderà il suo posto fino alla fine dell’incarico.

In realtà il presidente americano ha anche altri doveri in ambito giudiziario. Per esempio, è incaricato di nominare i 9 giudici che compongono la Corte Suprema degli Stati Uniti.

In aggiunta, può mettere il veto alle proposte di legge da approvare al Congresso. In questi casi la proposta ritorna di nuovo al voto delle camere e i membri possono eventualmente cercare di aggirare il veto presidenziale con il voto a scrutinio palese e la maggioranza dei 2/3 dei votanti.

Chi può votare negli Stati Uniti

Dal 1964 il diritto di voto negli Stati Uniti è finalmente universale ed esteso a tutta la popolazione, compresi gli afroamericani.

Oggi possono votare tutti i cittadini del Paese che abbiano compiuto la maggiore età, i 18 anni. Invece fino al 1971 il voto era consentito solo alle persone dai 21 anni in su.

I cittadini dei vari Stati federali possono poi eleggere i propri rappresentati al Congresso. Sono esclusi gli abitanti del distretto di Columbia e dei territori formalmente non annessi come Isole Vergini Americane, Isole Marianne Settentrionali, Porto Rico e Guam.

Il meccanismo di voto americano: il ruolo dei grandi elettori

Il sistema elettorale americano è senza dubbio uno dei più complicati e può essere definito come indiretto. Infatti, il presidente degli Stati Uniti non viene eletto in maniera diretta dalla popolazione, ma è formalmente votato dai cosiddetti grandi elettori che sono a loro volta eletti dai cittadini del proprio Stato.

In altre parole, la popolazione degli Stati federali vota per il candidato democratico o repubblicano ma a essere eletto il giorno delle elezioni è il numero di grandi elettori che è associato ad ogni Stato.  

Inoltre, il conteggio dei voti dei cittadini è calcolato su base statale, secondo il sistema denominato Winner takes all, cioè a maggioranza secca. Non è previsto ballottaggio o uno scarto minimo di voti per indicare un vincitore nei vari Stati.

Dunque, il candidato presidenziale che riceve anche un solo voto in più vince e a lui vanno attribuiti i grandi elettori di quello Stato. L’unica eccezione è rappresentata da Nebraska e Maine, i quali votano con il metodo proporzionale.

I singoli Stati federali hanno diritto a un minimo di 2 grandi elettori ma la cifra in genere varia secondo la popolazione. Ad oggi a disporre del maggior numero di grandi elettori sono la California (55) e il Texas (38).

I grandi elettori sono in tutto 538 e sono divisi in 435 deputati, 100 senatori e 3 elettori che rappresentano il Distretto di Columbia. Questi si riuniscono a Washington dopo le elezioni in un collegio speciale per esprimere il proprio voto in favore di uno dei due candidati.

Le fasi del voto negli Stati Uniti

Il giorno delle elezioni non è l’unica fase che concorre poi alla scelta finale del Presidente americano. Il sistema si basa su 3 momenti principali:

  • elezioni primarie;
  • elezioni presidenziali;
  • voto del collegio dei grandi elettori.

Le elezioni primarie

Ma come vengono scelti i candidati alle elezioni presidenziali? Semplice, attraverso le elezioni primarie (o caucus) che portano alla nomination dei prescelti per il Partito Democratico e per il Partito Repubblicano.

La Costituzione non cita espressamente questo tipo di elezioni che però si svolgono nella stessa maniera da quasi un secolo. Durano in media 5 mesi, per concludersi di solito a giugno e i cittadini di ogni Stato votano in modo diretto i vari candidati dei due partiti.

In questi mesi di campagna elettorale si svolgono una serie di comizi nei quali saranno poi determinati i delegati che parteciperanno alla convention finale. All’interno di questo ristretto gruppo sarà nominato il candidato presidenziale.

Le elezioni primarie si tengono con modalità differenti a seconda dei vari Stati e di solito si svolgono nel Super Tuesday in quanto cadono quasi sempre di martedì.

Le elezioni presidenziali

Il giorno delle elezioni presidenziali, l’Election Day, cade ogni 4 anni in una data sempre diversa del mese di novembre. La data non è stata imposta dalla Costituzione americana ma da una legge federale del 1845 che stabiliva che le elezioni dovevano avvenire il martedì successivo al primo lunedì di novembre. Ciò avviene per evitare di andare alle urne il 1 novembre che è un giorno festivo.

La scelta del giorno era legata al fatto che nell’Ottocento gli elettori erano per lo più maschi lavoratori, costretti a spostarsi e viaggiare per raggiungere i seggi nel villaggio più vicino. Lontano dal week-end e dai giorni del mercato, il martedì era quindi la giornata ideale per muoversi nell’America rurale del XIX secolo.

La data unica per tutta la popolazione ha poi un significato simbolico in quanto era un momento di coesione della nazione nel quale tutti cittadini si riuniscono per dare un nuovo presidente agli Stati Uniti.

Le votazioni in alcuni casi aprono con settimane in anticipo per far votare gli americani all’estero e per consentire il voto per posta. In ogni caso le procedure sono affidate ai consigli elettorali di ogni distretto cittadino che hanno il compito di garantire un equo svolgimento delle elezioni senza brogli e manomissioni.

Alle elezioni presidenziali americane possono concorrere gli iscritti ai due partiti principali ma ci sono anche candidati indipendenti che partecipano senza l’appoggio di alcun partito. Fino ad oggi nessun indipendente è mai stato eletto Presidente degli Stati Uniti d’America.

Il prossimo Election Day sarà il 3 novembre 2020 e vedrà contrapporsi il presidente Donald Trump al candidato democratico Joe Biden, già vicepresidente durante l’amministrazione Obama.

Il voto del collegio dei grandi elettori

Una volta concluso l’Election Day, si ha la suddivisione dei grandi elettori tra i due candidati alla presidenza. Il candidato che arriva alla soglia dei 270 grandi elettori diventerà il nuovo presidente degli Stati Uniti.

Definiti i grandi elettori, questi si riuniscono nel Collegio Elettorale degli Stati Uniti d’America nella capitale del proprio Stato, il lunedì seguente al secondo mercoledì di dicembre.

Prima della loro elezione, i grandi elettori hanno già espresso pubblicamente la preferenza tra i due candidati che devono poi confermare al momento della votazione in collegio.

Per legge gli è concesso di cambiare idea ma nella pratica non succede quasi mai. Questo è il motivo per il quale alla fine dell’Election Day si ha il candidato vincitore ancor prima del successivo voto formale dei grandi elettori che è soltanto una prassi dall’esito scontato.

La votazione avviene a scrutinio segreto ed entro 9 giorni i voti vengono inviati al Senato per il conteggio che si tiene il 6 gennaio. Raggiunto il magic number dei 270 delegati viene così sancita ufficialmente l’elezione del nuovo Presidente degli Stati Uniti che si insedierà il successivo 20 gennaio.

Lo scenario 1824

Nell’eventualità che il quorum dei 270 grandi elettori non sia raggiunto, si presenta lo Scenario 1824 che deve il suo nome a quanto accaduto alle elezioni del 1824.

In questo caso non s’indicono nuove elezioni ma la decisione è affidata alla Camera dei Rappresentanti che deve indicare il presidente tra i primi 3 candidati con più voti. I deputati di uno stesso Stato hanno un solo voto e se c’è un ulteriore stallo si procedere con un secondo ballottaggio in Senato.

Questo scenario particolare può presentarsi se ci sono più di due contendenti e nessuno arriva al 50% dei voti oppure se due candidati hanno esattamente 269 grandi elettori a testa.

Ad eccezione del 1824, questa serie di eventi improbabili non si è mai verificata ma si è comunque deciso di predisporre una procedura alternativa.

Un sistema elettorale fonte di polemiche

È abbastanza evidente come la struttura elettorale americana sia molto elaborata e di difficile interpretazione.

Da anni nel Paese ci sono dibattiti sempre più aspri poiché esiste la possibilità che un candidato con la maggioranza assoluta dei voti alla fine non riesca ad essere eletto. È ciò che è successo proprio alle ultime elezioni che hanno portato Trump alla Casa Bianca nel 2016.

Quello dell’attuale presidente degli Stati Uniti è stato il quinto caso della storia dopo Adams (1928), Hayes (1876), Harrison (1888) e Bush (2000). Alla fine dei conteggi Trump ha raccolto 306 grandi elettori contro i 232 di Hillary Clinton ma la candidata democratica ha ottenuto oltre 3 milioni di voti in più nel Paese.    

A determinare la sconfitta della Clinton sono stati i piccoli Stati in bilico come Michigan o Wisconsin che le avrebbero dato altri 46 grandi elettori. Infatti, con questo meccanismo si crea un evidente cortocircuito per cui 23 Stati meno importanti raccolgono insieme oltre 100 delegati contro i 55 della popolosa California che numericamente fornisce più voti.

Le origini di questo sistema di voto sono da ricercarsi nella volontà di riequilibrare il peso dei vari Stati federali ma in questo modo si creano delle falle nella macchina elettorale che puntualmente vengono riportate alla ribalta ogni volta che si va alle urne.   

Approfondimenti:
Curiosità e statistiche sulle elezioni

Caucus e elezioni primarie